Che cos’è?

Il disturbo è un’alterazione dell’identità che si caratterizza per la presenza nella persona di due o più identità o personalità distinte (DSM-IV). Per personalità s’intende il modo in cui ciascuno di noi abitualmente pensa, percepisce il mondo, si relaziona agli altri e si comporta nelle varie situazioni, nonché il modo in cui pensa. Quello che si osserva è che la persona passa rapidamente da uno stato d’identità (o personalità) all’altro, modificando il suo modo di agire, pensare e relazionarsi agli altri, senza averne consapevolezza. Infatti, le identità sembrano essere completamente separate da una barriera di amnesia che non le rende comunicanti tra loro, così il paziente quando è in uno stato di identità non ricorda quello che ha fatto nell’altro stato. Disturbo dissociativo dell'identità

Il disturbo è caratterizzato dall’uso massiccio, da parte della persona, del meccanismo mentale della dissociazione. La dissociazione è una risposta normale dell’uomo alle situazioni traumatiche e stressanti poiché è un processo mentale che lo protegge dalla mole di informazioni devastanti contenute in questi eventi. La dissociazione, infatti, è un’”alterazione dello stato di coscienza”, è come uno stato di trance che comporta analgesia e amnesia per tutto ciò che succede nell’ambiente.

Come accade per tutti i disturbi dissociativi (amnesia dissociativa, ecc.), però, la persona con disturbo dissociativo dell’identità ricorre alla dissociazione in maniera massiccia come forma di difesa a stimoli traumatici. Tuttavia, a differenza degli altri disturbi dissociativi, in questo disturbo durante la dissociazione la persona non solo “spegne” i contatti con il mondo esterno ma apre anche un forte mondo immaginativo che è particolarmente vivido e quasi reale. In questo mondo alternativo e parallelo la persona immagina realtà e identità distinte da quella principale e agisce come se fossero reali. Tuttavia, poiché queste esperienze sono fatte in uno stato di coscienza parallelo, la personalità principale non ne ha memoria mentre ne avrà memoria l’identità parallela. Ad esempio, il paziente con disturbo dissociativo dell’identità, può passare da una personalità principale calma e pacifica a un’identità secondaria distruttiva e aggressiva. Quando il paziente entra nell’identità alternativa, i ricordi di azioni ed eventi fatti nei precedenti stati aggressivi diventano più accessibili e viceversa.

Quando nasce e chi colpisce?

Il disturbo di depersonalizzazione di solito si sviluppa improvvisamente al momento dell’esposizione al trauma. L’età media di esordio è stata riferita essere di circa 16 anni, anche se il disturbo spesso ha un esordio nelle esperienze infantili.

Quali conseguenze?

Il disturbo causa una significativa compromissione delle relazioni interpersonali e dell’ambito lavorativo poiché l persona passa da un’identità all’altra senza averne consapevolezza e senza ricordare quello che ha fatto nei diversi stati. È ricorrente, inoltre, che le identità alternative siano particolarmente numerose, oppure molto bizzarre o poco adattate rispetto al contesto sociale (es.: casi in cui l’identità alternativa è un bambino o una personalità particolarmente violenta).

Come nasce?

Il disturbo è ancora oggetto di studi e necessita di molti chiarimenti a livello clinico.

Si converge, tuttavia, sull’idea che il disturbo abbia origine da esperienze traumatiche ripetute, avvenute durante l’infanzia del paziente (fattori di rischio esterni). A seconda della precocità, della durata e dell’intensità dei maltrattamenti subiti, la persona potrà essere più o meno a rischio di sviluppare un disturbo dissociativo meno grave (amnesia dissociativa, depersonalizzazione, fuga dissociativa) o il disturbo dissociativo di personalità che comporta l’adozione permanente di una nuova identità. Di fronte ai numerosi atti violenti subiti soprattutto in famiglia, inoltre, i  bambini che imparano ad usare sistematicamente la dissociazione e in parallelo una forte attività immaginativa come forma di adattamento e protezione hanno alcune variabili personali che li rendono più esposti a sviluppare un disturbo dissociativo.

Sono questi i fattori di vulnerabilità personale (fattori di rischio interni) costituiti da: il livello di stress che la persona percepisce a seguito delle esperienze traumatiche subite e dalla presenza di alcune caratteristiche di personalità come la tendenza ad usare delle difese psicologiche immature di fronte ad un evento stressante. Rientra tra i fattori di vulnerabilità personale anche avere avuto nell’ infanzia una relazione di attaccamento disorganizzato (D) con la propria figura di riferimento (la madre o altro tutor) che si dimostra incoerente nella cura, alternando in modo imprevedibile un atteggiamento aggressivo e violento nei confronti del figlio e un atteggiamento più disponibile.  Alcuni studi, infatti (Main e Hesse, 1990, 1992), mostrano che nei bambini D si sono già sviluppati dei comportamenti dissociativi, sviluppati dal bambino a seguito delle esperienze di aggressività e violenza del genitore.